La lotta contro i giochi d’azzardo e vecchia come il mondo. Le prime notizie con gli editti di proibizione dei giochi d’azzardo in Italia risalgono dalla seconda metà del 1600 a Genova.
Prima di allora il gioco di scommessa veniva praticato e osannato sin dai grandi imperatori dell’antica Roma. Giulio Cesare, per esempio, amava molto giocare con i dadi. Non è un caso che molti casinò americani hanno utilizzato il suo nome proprio per la sua grande passione per il gioco.
Oltre a Cesare anche Nerone, Caligola e l’imperatore Claudio furono giocatori incalliti.
Lodi e apprezzamenti al gioco ci giungono anche dal grande poeta italiano Torquato Tasso (1544 - 1595) il quale scriveva: “Quando il prezzo del giuoco è il danaro o cosa misurata dal danaro, non estimo che si possa desiderar di vincere con molta lode”.
Ma qualcosa cambia nell’Italia del gioco, dopo gli editti di Genova del 1600, una dura lotta contro il dilagante gioco d’azzardo arriva dal centro Italia, più precisamente da Urbino. Siamo esattamente nel XVIII secolo quando furono emanati degli editti a dir poco minacciosi contro chiunque praticava o solamente assisteva ad una partita.
Il decreto più intollerante venne emanato dal Presidente della Legazione di Urbino (Carlo Livizzani) nel lontano 2 luglio 1778. Tale avviso vietava in qualunque luogo della fiera di Senigallia, o fuori di essa di giocare a: Faraone, Bassetta marchigiana, Sette e mezzo, Ventuno, Trenta e Quaranta, Primiera, Goffo e il Biribisso (il padre della roulette). La pena non coinvolgeva solo i giocatori maledetti, ma anche tutti coloro che stavano a guardare. Mentre per il padrone della casa (il biscazziere) che ospitava il gioco, per lui la pena massima poteva anche essere il sequestro della casa.
Un tema molto forte che ancora oggi divide gli appassionati dagli acerrimi nemici dei giochi d’azzardo.
La storia del gioco d’azzardo in Italia è controversa. Nel 1713 sorge a Bagni di Lucca il primo Casinò d’Europa, per molti un orgoglio per altri una vergogna. Nel 1819 Maria Luisa di Borbone regolò il gioco d’azzardo. A partire dai primi del Novecento in quasi tutti i più importanti centri turistici italiani dell’epoca esisteva una casa da gioco, tutto funzionava meravigliosamente, senza malavita e con una grande ritorno economico nel settore turistico. Tutto bene fino a quando per decisione di Benito Mussolini, nel 1924, quasi tutti i casinò vennero chiusi.
Si salva Sanremo grazie ad una speciale concessione. Il Casinò della Riviera rimane aperto perché una parte dei suoi guadagni dovrebbe essere destinata per la costruzione di un tratto di ferrovia, opera pubblica che non verrà mai stata realizzata.
Una speciale deroga viene concessa al Casinò di Venezia e autorizzazioni speciali furono concesse a Saint Vincent e Campione d’Italia. I quattro superstiti sono ancora oggi gli unici Casinò presenti sul territorio italiano. Tutti gli altri, dal 1946, non hanno più riaperto.
La rivincita dei giochi d’azzardo avviene nel 2011, quando vengono legalizzati i giochi a distanza. Ma l’immancabile giungla di decreti e ricorsi all’italiana penalizza molte società che avevano investito nell’online gaming. Un comparto in forte ascesa che potenzialmente poteva offrire il doppio dei posti di lavoro. Invece viene stroncato all’origine dalle stesse associazioni che difendono le VLT e le quattro storiche case da gioco. I giochi online sono la morte di Casinò e Sale Slot, er questo vengono imposti due divieti: il primo fu quello di non poter ospitare le slot machine per il primo anno e mezzo. La seconda restrizione, che è ancora attiva, è l’impossibilità di offrire ai giocatori i jackpot progressivi. Ma questi impedimenti sono destinati a scomparire come i vecchi casinò, con una sola eccezione che le vecchie case da gioco chiuderanno per fallimento.